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Paul Bowles e la magnifica arte di perdersi: con le parole e la musica

Su “Il Venerdì di Repubblica” di questa settimana parlo di Paul Bowles (1910-1999), grande scrittore americano, autore, tra gli altri, de Il Té nel deserto e di magnifici racconti (raccolti per lo più nel volume La delicata preda). Il suo nome uscì dall’oblio grazie a Bernardo Bertolucci che nel 1990 portò il romanzo al cinema. Bowles però prima di dedicarsi alla scrittura era già un compositore noto nell’ambiente musicale americano: ora escono per l’etichetta Naxos due dischi che ci mostrano le sue composizioni per pianoforte dove possiamo intravedere, in controluce, il profilo della sua letteratura.

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Se il romanzo è un fiume. Quante volte possiamo rileggere?

Ci sono scrittori, nel mio caso Paul Bowles, Isaac B. Singer, Alvaro Mutis, Jean-Claude Izzo, Ignazio Silone, Jorge Amado, per i quali il concetto di letti e riletti perde di significato. Non so se capite cosa intendo? Vale a dire che il fatto di aver letto una, due o tre volte uno dei loro libri non solo non fa alcuna differenza, ma è praticamente impossibile ricordarsene, poiché ogni volta – penso ai racconti de La delicata preda di Bowles, penso alla Trilogia di Maqroll di Mutis, a Shosha di Singer – è chiaramente la prima volta, l’unica volta, tranne che è una unica volta sempre più unica, sempre più indimenticabile.
In quella lista non ho citato Graham Greene che pure meriterebbe di stare in testa al corteo. In questi giorni stavo leggendo i Racconti dell’Età del Jazz di F.S.Fitzgerald ma sul mio cammino ho incontrato una edizione 1973 rilegata de Il console onorario. Pur avendolo da qualche parte in versione Oscar e pur avendolo già letto e avendo già visto il film un paio di volte, l’ho ovviamente ricomprato e, giunto a casa, l’ho aperto alla prima pagina… Ed ecco che è bastata la prima riga dell’incipit a non lasciarmi scampo…
Il dottor Eduardo Plarr se ne stava nel porticciolo sul Paranà fra le rotaie e le gru tinte di giallo, fissando lo sguardo là dove una piuma orizzontale di fumo si adagiava sul Chaco, posata fra le barre rosse del tramonto come una striscia su una bandiera nazionale…
Cosa è cambiato tra la prima e l’unica volta? Non lo si sa mai con certezza, si può intuire, sentire… In questo caso, forse, la presenza, subito, di un nome, che la prima volta era sconosciuto e nell’unica volta, poiché la vita trascorre, è diventato familiare: il fiume Paranà.
(In alto a destra Graham Greene, 1904-1991, in una immagine tratta da The Guardian)