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Luiz Inacio Dilma da Silva: cosa ci si aspetta dal Lulismo 2

Eletta con il 56% dei voti, un risultato considerato eccellente dalla cupola di governo, Dilma Rousseff, 62 anni, è da oggi la nuova presidente eletta del Brasile, e assumirà l’incarico il prossimo primo di gennaio. Governerà per quattro anni. Senza nulla togliere alle sue qualità personali, la sua elezione è il più recente successo del presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il quale, in completa autonomia rispetto al partito dei lavoratori (Pt) – c’è chi dice in maniera quasi autoritaria – l’ha scelta come sua “erede” e l’ha portata di peso alla vittoria, violando il protocollo presidenziale e buttandosi anima e corpo nella campagna elettorale. Josè Serra, lo sconfitto (per la seconda o terza volta) non ha dovuto battagliare contro un avversario, bensì contro due, una nuova entità duble-face che ci verrebbe di battezzare Dilma da Silva. Oggi per ersempio i giornali brasiliani, come la Folha de S.Paulo, si dilettano nel classico toto-ministri, segnalando che, nella maggior parte, i papabili sono suggeriti dal presidente uscente, il quale ha già fatto sapere che non sarebbe il caso di cambiare i vertici della banca centrale e del ministero dell’economia (le sue principali preoccupazioni) e, pare, abbia già sistemato il suo ex-pupillo Antonio Palocci, caduto nel 2005 a causa di vari scandali, rimasto in freezer e ora riscongelato, come prossimo ministro della Casa Civil, cioé il gabinetto che fu di Dilma: vale a dire il numero 2 del governo. La Rousseff eredita, come tutti sanno, un Paese in crescita del 4% in media, con una moneta persino troppo forte (il Real), consumi in crescita vertiginosa, banche solide, e un nuovo eldorado petrolifero da sfruttare sul cui destino si è giocata una parte della campagna elettorale (ah, a proposito, Lula suggerisce di non modificare neanche il vertice della Petrobras la quale, in mano da anni da Josè Gabrielli, è una sorta di governo ombra).
Qualcuno si è chiesto in questi giorni il perché della pervicacia di Lula nel volere Dilma dopo di lui e le risposte sono varie, tra cui quella che lo vedrebbe intenzionato a tornare nel 2014, che però ci appare forzata, sebbene non così inverosimile. Certamente esiste il progetto di cristallizzare il lulismo, questa creatura politico/sociale di successo, che è riuscita a rafforzare in un colpo solo l’apparato statale e la dinamica finanziaria del Paese. Un grande conoscitore della storia e dalla politica brasiliane, il produttore cinematografico Luis Carlos Barreto, l’altra mattina a Rio ci diceva che il trucco di Lula è stato semplice e geniale, cioé sostituire la parola “lotta di classe” con “inclusione sociale”. Ebbene, il lulismo potrebbe riassumersi in questo? Non lo sappiamo, poiché esiste anche l’elemento emozionale (che in Brasile ha una importanza straordinaria) e che ha il profilo pernambucano di Lula, la sua voce, il suo carisma, le sue battute, la sua maniera irresistibile di aver sedotto i banchieri e i diseredati e di averli avvicinati e resi prossimi (per finta, in un gioco di illusionismo) più di chiunque altro prima di lui, molto più di Fernando Henrique Carodoso, l’intellettuale che non aveva le qualità taumaturgiche dell’ex-operaio. Dunque Dilma saprà essere inteprete del lulismo? Saprà, come si domandano alcuni, assumere gli abiti squisitamente politici del lulismo di Lula a discapito del suo profilo “tecnico”, cioé di una donna che è giunta alla presidenza nella prima sfida elettorale della sua vita? Le auguriamo di si: anzi le auguriamo di andare oltre, saper smontare gli elementi dell’illusione e di saper costruire un Brasile solido lontano dai grafici della banca centrale ma nei concetti di cittadinanza, salute pubblica ed educazione di qualità, questioni non risolte del Lulismo 1 e speriamo invece ben in alto nell’agenda del Lulismo 2.

Elezioni/2: Il fattore Marina

Lunedì amaro per Lula e la sua candidata Dilma Rousseff: si sono fermati al 47%. José Serra, terza o quarta volta candidato, sorride: 33%. Marina Silva, con il 19,33%, trionfa: è fuori dalla competizione, ma è lei la vera vincitrice delle elezioni e, ovvio, da qui al 31 ottobre, data del ballottaggio, sarà al centro della scena. La domanda che tutti si fanno è: a chi andranno i suoi 20 milioni di voti? Probabilmente lei si asterrà da una indicazione, per coerenza (la marca di fabbrica di questa grande donna brasiliana), ha anzi detto che indirrà una discussione interna al suo partito, i Verdi, da cui uscirà nel caso l’eventuale indicazione di voto. C’è una tendenza interna ai Verdi per appoggiare Serra, tuttavia una parte dell’elettorato di Marina è lo stesso che un tempo, prima della nascita del Leviatano, votava Lula. Anche se qui ci sembra emerga una nuova creatura: chi è questo insorgente elettorato di Marina? Chi sono questi 20 milioni di brasiliani che, a sorpresa, contraddicendo tutti i sondaggi, hanno voltato le spalle a Dilma e votato il nuovo sogno (una versione aggiornata, nuovamente vibrante di quello che nel 2002 portò Lula a Brasilia) che la Silva rappresenta oggi? Difficile prevedere da che parte penderà la bilancia, ma è naturale che sarà più facile da adesso per Serra richiamarsi ai marinisti, soprattutto nel suo grande bacino elettorale, quello di San Paolo, uno dei maggiori del Paese. Dilma avrà più difficoltà a infilarsi nell’ombra protettiva di Marina, perché l’opposizione tra le due donne è stata fin qui più accesa. Marina se ne andò dal governo Lula proprio in polemica con le scelte pragmatiche di Dilma, alla quale, in veste di ministra della Casa Civil (il portafoglio del governo), toccava mettere la faccia nelle scelte poco sostenibili dal punto di vista ambientale relative alla foresta amazzonica e non solo. Alcuni oggi affermano che alcuni temi molto scottanti in Brasile e non risolti, come per esempio l’aborto, abbiamo giocato un ruolo fondamentale: Marina, evangelica, è nettamente contraria a una nuova legge che depenalizzi l’interruzione di gravidanza, mentre Dilma, più laica, ha cambiato diverse volte idea sulla questione. Può essere, ma non è certo una ragione sufficiente a spiegare la nuova situazione di incertezza che si profila da oggi al 31 ottobre. Lula ha già fatto sapere che dedicherà un mese di appassionata campagna per la sua candidata Dilma e probabilmente alla fine ce la faranno. Serra si giocherà il tutto per tutto vendendo temi ambientalisti e tingendosi di verde a più non posso. Lo stesso tenterà Dilma. Da questo punto di vista, da adesso in avanti, sarà una campagna elettorale più divertente, accesa, nervosa, rispetto a quanto successo fin qui, con quell’aria da giochi già fatti, una campagna elettorale tra le più noiose mai viste. Un risultato c’è già, comunque: Lula non è il lulismo. I venti milioni che hanno votato Marina mandano questo messaggio alla cupola di governo. Il tiro va corretto, la fame di quel sogno brasiliano resiste insoddisfatta nel grande Paese che si è concentrato soprattutto a entrare tra i Grandi, ma che è fatto ancora di gente che comincia a lavorare a 9 anni, che non mette le scarpe per andare a prendere l’acqua al pozzo, che non può accedere a buoni studi e buona salute perché è nero o indio, e in quanto nero o indio è povero e discriminato. Nello stesso tempo, chi vota in Marina è quella classe media intellettuale delusa dal lulismo, rappresentata bene dal vice scelto da Marina, Guilherme Leal, magnate dei cosmetici sostenibili, padrone di Natura, uno dei brand brasiliani più diffusi al mondo. Marina, in qualche modo, interpreta questa segreta formula brasiliana, popolare e raffinato che si incontrano: il Brasile è anche questo, non è solo il “popolino” mirato dal lulismo e accontentato con il benefit di 90 Reais a fine mese e crediti facili per comprare la televisione al plasma in 70 rate. Sembra cioé che stia emergendo qualcosa di nuovo. Dilma sarà senza dubbio presidente il primo novembre, ma deve governare guardando a questo nuovo, perché altrimenti nel 2014 potrebbe essere la volta di Marina Silva.

Elezioni/1: per favore, dite ai brasiliani che Lula non è candidato

Da una parte c’è San Lula ormai ostaggio di un ego che sembra un airbag impazzito, dall’altra i tre candidati alla presidenza della Repubblica: elezioni, il prossimo ottobre. Tre candidati che poi sono due, l’unta dal signore Dilma Rousseff, scelta da Lula come predestinata a proseguire l’epopea del Lulismo, e José Serra, cariatide della politica nazionale impegnato in un tentativo in extremis di darsi una rinvigorita, se non fosse caduto anche lui nella beatificazione lulistica: come chiamereste voi uno che definisce il suo storico avversario “al di sopra del bene e del male” come Serra ha detto di Lula qualche giorno fa? C’è un problema: l’avversario di Serra sarebbe Dilma, e non Lula. Anche se pare che i protagonisti della corsa non l’abbiano ancora capito. E forse neanche gli elettori. L’ultimo sondaggio Data Folha, uscito sabato 22 maggio, rivela un pari secco al 37% tra Dilma e Serra. Con un dettaglio: l’approvazione della Rousseff cresce di botto (7 punti) tra gli elettori che “approvano” Lula (e sono ancora oggi oltre il 70%). Dunque, il miracolo della trasformazione dei voti e dei pesci forse a Lula riuscirà: la gente voterà Dilma pensando di votare Lula. Quello della transustanziazione è, se vogliamo, l’unico elemento interessante in una campagna che per ora sembra la meno effervescente dai tempi dell’imperatore Pedro II, quando per altro non si votava.
Per sapere qualcosa anche della terza candidata, Marina Silva, clicca qui.