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Miles Davis live al Fillmore: il suono della modernità

miles_filmoreIl leggendario produttore jazz Michael Cuscuna afferma che gli anni Sessanta non furono semplicemente una decade ma un’epoca, cominciata nel 1963 con l’assassinio dei due studenti neri all’Università dell’Alabama in Giugno, la bomba in una chiesa di Birmingham in Settembre e l’attentato al presidente J.F.Kennedy in Novembre. Un’epoca che si concluse, dodici anni dopo, nel 1974, con le dimissioni di Richard Nixon e il ritiro delle truppe americane dal Vietnam. E con la decisione di Miles Davis, nel 1975, di non fare musica per cinque anni.
Cuscuna scrive questi pensieri nell’imponente libretto che accompagna l’edizione integrale dei concerti che Miles Davis realizzò al teatro Fillmore East di New York tra il 17 e il 20 Giugno 1970, ai quali sono aggiunte le registrazioni di qualche mese precedenti, in Aprile, al Filmore West, con un gruppo leggermente variato, e sono pensieri che sembrano sottendere che quei concerti furono, in qualche modo, il fulcro di quell’epoca.

È una idea suggestiva quella che la Storia si fa (anche) lontana dai grandi fatti. Che la Storia si fa continuamente, frantumata nelle pieghe di piccoli eventi, e i suoi frammenti contribuiscono al cambiamento, alle svolte (mi accorgo che lo stesso pensiero me lo ha instillato la lettura del magnifico 1913, di cui si parla in questo blog).
Sotto questa luce (che Cuscuna definisce “scura”, come il suono della tromba di Miles), è facile ipotizzare che il trombettista se proprio non fece la Storia, l’assorbì completamente e, per quanto riguarda la musica, la interpretò, permeabile a tutte le influenze extra-jazzistiche come nessun jazzista era mai stato prima e sarà dopo di lui. Miles ascoltò e assorbì Jimi Hendrix, Sly & The Family Stone, i Cream e incise, per poi pubblicare nel corso del tempo, una quantità di musica impressionante: la musica che finirà in In a Silent Way, in Bitches Brew, nello splendido Jack Johnson, in Big Fun, in Live-Evil e altri dischi di quella sua fase culminante.

Un concentrato di tutta quella musica lo ritroviamo in questo cofanetto di 4 Cd, un concentrato nel senso di un pensiero che attraversa in primis l’idea di improvvisazione collettiva e il suono della tromba di Miles, e poi l’idea di interazione del gruppo francamente unico che portò in quei giorni sul palco, a cominciare dal sassofonista Steve Grossman (un singolarissimo sax tenore che ha avuto fasi alterne, momenti di poesia assoluta e di abisso), Jack DeJohnette alla batteria, il brasiliano Arto Moreira alle percussioni, Dave Holland al contrabbasso e due ragazzi all’epoca non ancora così noti: Chick Corea al piano elettrico e Keith Jarrett all’organo (assente nei concerti al Filmore West). Il loro lavoro congiunto, che in queste riedizioni è restaurato e riportato splendidamente alla luce, è forse uno degli aspetti più straordinari: si respira una libertà, una voglia di scoperta, una prontezza e un ritmo che giustamente Vince Aletti sul Rolling Stone definì “una molla d’acciaio in tensione”. Una molla azionata però sempre da Davis, sovrano assoluto senza essere un dittatore bensì un iniziatore: e la bellezza della musica che ascoltiamo qui è quella della marea che cerca la luna, un’attrazione continua. La sua tromba guida e insegue, come un magnete, come una luce nel buio più fitto. Miles Davis è davvero un immenso moderno, a volte mi fa ripensare ai quadri, agli scarnificati soggetti di Francis Bacon: lì c’è l’uomo intero, sebbene ci appaia come il suo spettro. Anche nella musica di Miles c’è il jazz intero, che però è dipinto come da dentro.

jarrett_impulseAggiungo un consiglio di ascolto complementare: interessante che recentemente, tanto per capire come la musica di Davis sia stata in quei primi anni Settanta un punto di non ritorno, sia uscito anche il cofanetto che riunisce tutte le incisioni che Keith Jarrett, fuoriuscito dal gruppo di Miles, realizzò per l’etichetta Impulse tra il 1973 e il 1976. Come è noto, Jarrett si rincontrerà più avanti con JackDeJohnette nel suo Stantard Trio: in questi bellissimi 9 dischi il pianista suonava invece con Paul Motian, Charlie Haden e Dewey Redman (e qualcun altro). Di tutti, i miei preferiti sono Mysteries e Byablue. Il seme lanciato da Miles Davis cominciava a germinare. Non ha ancora smesso.

Miles Davis, Miles at the Fillmore, 4 Cd Columbia-Sony Music
Keith Jarrett, The Impulse Years, 9 Cd Impulse-Universal Music

©Alberto Riva