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Uomini e topi. La verità di Paulinho nella fogna di Recife

Come un topo, Paulinho, nove anni, lavora in una fogna a cielo aperto. Ci nuota. Tutti i giorni. Insieme a suo fratello, questo figlio del grande crack emergente, alla sua giovane età si è dato l’incarico di aiutare la famiglia tuffandosi nei rifiuti e navigare per ore, raccogliendo lattine che poi rivenderà a 3 euro al giorno.

Accade nella periferia di Recife, capitale del nordest brasiliano, una delle città che il prossimo giugno ospiteranno i mondiali di calcio e che in questi mesi ha ricevuto miliardi di denaro, pubblico e privato, per ospitare il grande evento.
Nel frattempo, mentre i miliardi arrivano e gli stadi si rifanno la faccia, gli aeroporti si espandono, gli alberghi ristrutturano le piscine, i bagarini vendono al triplo gli ingressi e le compagnie aeree quadruplicano il prezzo dei biglietti aerei, Paulinho si tuffa nella merda e raccatta alluminio. E’ il destino che gli ha riservato questa nostra società che, non a caso, produce montagne di rifiuti.

Ecco la nuova geografia entro la quale ci dimeniamo. Da una parte il mondo, macinatore di denaro sprecato e di superfluo, e dall’altra Paulinho, che condivide con i sei fratelli una baracca di legno e le cure di una madre alcolizzata.
Il suo punto di vista, come quello di un coccodrillo che improvvisamente si fosse svegliato all’inferno, è lo sguardo indifeso sulla verità della nostra epoca.
Paulinho se la carica sulle spalle, l’accetta sulla sua pelle. E’ sicuramente l’ultimo a farlo.

Foto di Diego Nigro/Jc Imagem

Foto di Diego Nigro/Jc Imagem

Paulinho è Paulo Henrique Felix da Silveira, 9 anni.
Nuota nel Canal de Arruda, presso la favela Saramandaia, zona nord di Recife, Pernambuco.