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Da Renato Olivieri a Ferruccio Parazzoli: viaggio nella suspense alla milanese (anche senza delitto).

Su Il Venerdì di Repubblica di questa settimana faccio una ricognizione nella Milano “noir” con interviste a Dario Crapanzano e Ferruccio Parazzoli. Ma si parla anche di Renato Olivieri, Giorgio Scerbanenco, Dino Buzzati e Romano De Marco. Una passeggiata in alcuni angoli milanesi per capire come è cambiato il racconto “giallo” in questi anni…

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Addio Renato Olivieri. Il giallo italiano perde un gigante

olivieriIl commissario Giulio Ambrosio spesso aveva dubbi. E quando aveva dubbi osservava la sua città, Milano. Entrava in un bar e beveva qualcosa. Oppure si fermava in mezzo alla strada ad osservare un albero, un cespuglio, la facciata di una casa, la prospettiva di una delle strade che l’indagine del momento lo aveva portato a percorrere. E nel lettore, quel rapido sguardo di Ambrosio si fissava come un ricordo personale. In uno dei libri più belli di Renato Olivieri, che è morto ieri a Milano all’età di 87 anni, quello intitolato Largo Richini, c’è un personaggio, un professore di storia dell’arte, che vive in via Dell’Uomo, in uno di quei palazzotti di borghesia vecchio stampo che chi conosce la piccola traversa che taglia Via Archimede può facilmente immaginare. Ambrosio lo va a trovare più volte, inseguendo il fantasma di una bella ragazza ormai morta da tempo, che ha lasciato il suo profumo e le sue ombre in quella casa. Non che il vecchio professore sia tra i sospetti (Ambrosio sa quasi sempre da subito chi è o chi non è colpevole, anche se non lo dice al lettore). Ambrosio ci va per parlare. Il suo metodo d’indagine è platonico. Di solito si inerpica lungo la pazienza della speculazione, che è sempre conoscenza dell’altro. Crede alle prime impressioni, Giulio Ambrosio, ma non troppo: crede di più al linguaggio, al racconto che i suoi testimoni fanno della loro vita e dei suoi intrecci. Renato Olivieri li dipanava tutti con pazienza di elefante, costruendo una musica interna ad ogni romanzo e che risuonava di personaggio in personaggio.
Il commissario Giulio Ambrosio credeva però anche negli ambienti, sapeva che i muri, le finestre, i salotti leggermente fané, le abat-jour, le carte da parati, i soprabiti, le cianfrusaglie, i gingilli deposti come ossa sui centri tavola, le foto nei portaritratti, gli scaffali di libri, le scale con i loro corrimani; Ambrosio sapeva che tutto parlava. Tutto raccontava qualcosa di importante, di indispensabile, che si depositava nella storia e nell’indagine privata del lettore. Il passo del grande giallista. La sua enorme magia è questa: oggi non si può passare per via Serafino dell’Uomo senza pensare immediatamente a Raffaele Gandus, il professore di storia dell’arte: alle sue paure, alle sue reticenze, al suo amore per Virginia e alla sua casa disordinata di uomo invecchiato in solitudine. Però oggi i libri di Olivieri sono difficili da trovare; come sempre ci si affida alle librerie dell’usato e ai chioschi. Tra i suoi indispensabili segnalo, oltre Largo Richini, i bellissimi Villa Liberty, Piazza Pulita, Hotel Mozart, i racconti di Albergo a due stelle… Così vive per sempre un grande scrittore.